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Si è costretti ad affermare che all'inizio del secolo scorso, Sigmund Freud ha inconsapevolmente imboccato una direzione che ha avuto delle conseguenze disastrose per il futuro della psicoterapia. Più il paziente si difendeva e faceva resistenza, più il terapeuta diveniva passivo, restava sostanzialmente in ascolto. Non solo. Invitava ad utilizzare l'associazione libera rendendo il paziente ancora più resistente in quanto passivo rispetto alle proprie problematiche, per le quali ha chiesto aiuto. L'infinita pazienza da parte del terapeuta a reggere colloqui e addirittura intere terapie in una condizione prevalentemente di ascolto, ha reso frustrante il suo lavoro in mancanza di risultati effettivi.
[ CONTINUA ]Le conseguenze sono state ignorate e negate da generazioni di psicoanalisti e psicoterapeuti, ma sono sotto gli occhi di tutti: l'effetto più ovvio è stato un eccessivo incremento della durata del trattamento, da poche settimane o mesi a molti anni, mentre il paziente tenta di sopravvivere con le proprie sofferenze. La tecnica psicoanalitica così come formulato da Freud ha dimostrato di essere inefficace nella cura psicoterapica. Ad oggi molti psicoanalisti agiscono con la "fuga nell'addestramento": molti esperti riducono la pratica clinica e si dedicano all'insegnamento e alle supervisioni, ignorando completamente il fatto che i metodi insegnati non si sono mai dimostrati efficaci. Tra gli esperti che praticano la psicoterapia prevale la tendenza a colludere con il paziente nel ritenere che un giorno, in un futuro lontano, tutti i problemi saranno correttamente risolti e che, il paziente concluderà la terapia essendo in grado di condurre una vita normale. Peccato che questo futuro si trova sempre due anni più in là!
Inizialmente Freud con la sua tecnica era piuttosto efficace: quasi tutti casi trattati nelle primissime fasi del suo lavoro erano di durata relativamente ridotta, da poche sedute a diversi mesi. Per esempio, egli trattò Bruno Walter, il direttore d'orchestra, in sei sedute nel 1906, mentre il compositore Gustav Mahler, che soffriva di parziale impotenza venne trattato con successo con una sola seduta di quattro ore nel 1908. Il caso meglio documentato è quello de "l'uomo dei topi", il quale soffriva di una grave nevrosi ossessiva e fu trattato con successo in undici mesi nel 1907. Si può dedurre dalle prime analisi, l'esistenza di un qualche fattore che facilitasse la rimozione del conflitto con tale intensità e completezza, da far dissolvere le nevrosi. Non avremo mai una risposta precisa a riguardo a causa della scarsa documentazione, ma molto probabilmente è dovuta all'uso di una tecnica attiva con la quale Freud e i primi analisti giunsero alle loro affascinanti scoperte. Ad ogni modo è chiaro che negli anni che seguirono qualcosa non andò nel verso giusto fino a prolungare a molti anni la cura. Di fatto l'esperienza clinica nel mondo dimostra che le intuizioni di Freud sull'uomo sono sostanzialmente corrette, ma la tecnica da lui adottata per la cura è completamente inefficace per la maggior parte delle persone.
Nel 1925 Ferenczi e Rank e nel 1946 Alexander e French, sono stati i primi a sviluppare un trattamento breve applicabile ad un ampio spettro di sintomi e disturbi. Avevano capito bene che la passività del terapeuta introdotto dal collega Freud doveva essere sostituita da una qualche forma di attività. Entrambi i tentativi hanno fallito per l'incertezza dei risultati terapeutici e per l'ostilità manifestata dallo stesso Freud verso modificazioni della tecnica analitica da lui sviluppata. Successivamente molti sono stati i tentativi di sviluppare modelli di terapie brevi ma quasi tutti si sono dimostrati inefficaci, in quanto limitati a sintomi e disturbi molto lievi e di conseguenza ne poteva usufruire una percentuale molto bassa della popolazione che chiedeva aiuto tramite un trattamento psicoterapico.Tra questi si segnalano i modelli presentati da Sifneos a Boston e quello del gruppo Balint presso la clinica Tavistock di Londra.
A questi tentativi segue un modello, che si rivelerà rivoluzionario per la psicoterapia. Si basa interamente su principi psicoanalitici, ma finalmente applicabile ad una quota elevata della popolazione psicoterapica. Gli effetti terapeutici cominciano a fare la loro comparsa fin dalle primissime ore di lavoro, i disturbi e i sintomi scompaiono in modo tale che la conclusione del programma di cura arriva senza difficoltà fra le 10 e le trenta sedute. Al termine non resta traccia dei disturbi iniziali e i follow up a lunga distanza mostrano che la situazione è immutata. Inoltre, i fenomeni avversi nel trattamento terapeutico quali un intenso transfert sessualizzato o di dipendenza al terapeuta e problemi relativi alla conclusione non si presentano più. L'approccio si chiama Intensive Short-Term Dynamic Psychotherapy (ISTDP) ideato da Habib Davanloo, medico e psichiatra iraniano che ha operato presso l'Ospedale Generale di Montreal (Malan, D., 1979). Egli organizzò nel 1975 il primo simposio internazionale sulla psicoterapia dinamica a breve termine.
Nessuno conosceva sino ad allora Davanloo e nessuno dei presenti si rese conto del significato e della portata di ciò che stava osservando. Davanloo è stato il primo in assoluto ad organizzare simposi clinici mostrando con l'ausilio di videoregistrazioni ciò che avveniva tra terapeuta e paziente presentando in questo modo al mondo scientifico, la tecnica che avrebbe da quel momento rivoluzionato la cura. La reazione dei partecipanti inizialmente era ostile. David Malan, noto psicoanalista inglese, continuando a collaborare con Davanloo in molte altre presentazioni audiovisive e simposi come quello internazionale di Montreal del 1976 o il terzo simposio di Los Angeles del 1977 si rese gradualmente conto che era testimone visivo di qualcosa di molto diverso, qualcosa di"incredibile per la sua efficacia" (Malan, 2006). Ha capito di aver a che fare con un autentico ricercatore nel campo della psicoterapia completamente insoddisfatto perché si sentiva colpevole verso i suoi pazienti che con la classica tecnica psicoanalitica procedevano con lentezza e senza miglioramenti sostanziali. Per questo motivo diede inizio ad una serie di ricerche quasi ventennali, lavorando senza l'aiuto di nessuno sia nel suo studio privato sia nell'Ospedale Generale di Montreal. Senza pubblicare nulla prima di essere pronto e certo che non ci fosse la minima probabilità che chiunque altro potesse anticiparlo, egli iniziò a registrare prima con il magnetofono e poi con la telecamera ogni singola seduta, osservando e riosservando i nastri per vedere quali elementi della sua tecnica sembravano condurre a dei progressi e quali a degli insuccessi. Quando riteneva di avere individuato un fattore di successo lo impiegava sistematicamente. Già nel corso dello sviluppo del suo modello riuscì a rovesciare la tendenza verso la passività originariamente introdotta da Freud. Ad esempio, si rese gradualmente conto che quando un particolare argomento rendeva un paziente imbarazzato e resistente, la risposta corretta non stava nel diventare passivi ed attendere ulteriori sviluppi, ma sfidare le difese con sempre maggiore energia. Ciò avrebbe attivato l'ira del paziente che tentava di nascondere e di evitare come avrebbe fatto anche fuori dal contesto clinico. Tutto questo veniva messo a nudo non appena si verificava, così come ogni altra manifestazione transferale. In seguito, Davanloo dichiarò: "con mio stupore cominciavo a vedere che la nevrosi si dissolveva davanti ai miei occhi". Il paziente tornava alla seduta successiva cambiato, trasformato da un individuo gravemente autodistruttivo in un essere umano efficiente, capace di instaurare relazioni autentiche, di far fronte alle difficoltà e di ottenere soddisfazioni e piaceri. Dopo la conclusione del trattamento dei primi centocinquanta pazienti nessuno presentava delle ricadute anche a distanza di cinque anni. Malan dichiara che è costretto ad "affermare come semplice verità che qui è avvenuto un miracolo del ventesimo secolo: è divenuta realtà la possibilità" di abbreviare le terapie e renderle accessibili a una buona parte della popolazione. Freud ha scoperto l'inconscio, Davanloo ha scoperto come accedervi rapidamente" (Malan D., 1979).
Durante gli ultimi vent'anni circa, il modello di Davanloo è stato sottoposto a molte ricerche presso istituti e cliniche universitarie tra le più prestigiose del mondo, i cui risultati sono stati pubblicati nelle riviste internazionali del settore tra cui, soltanto a titolo di esempio, l'Ad Hoc Bulletin Of Short-Term Dynamic Psychotherapy. Tali ricerche hanno contribuito a perfezionare il modello, rendendolo efficace per un ampio spettro di sintomi e disturbi purché il clinico sia adeguatamente addestrato tramite una formazione specialistica. Ad oggi l'approccio terapeutico di Davanloo è diffuso in molti paesi del mondo sia nelle istituzioni pubbliche sia in quelle private eccetto per l'Italia dove sono davvero pochi gli specialisti che adottano questo approccio nella propria attività professionale e tutt'ora nessuna istituzione pubblica offre tale servizio pur essendo auspicabile l'investimento su un programma di cura breve in un periodo prolungato di crisi economica mondiale in cui anche il nostro paese è stato colpito.
Davanloo e la prima generazione di allievi hanno fondato istituti in Europa, negli Stati Uniti e in Canada denominate con la sigla ISTDP e un'associazione denominata Internationational Experiential Dynamic Association (IEDTA) che oltre ad organizzare un congresso internazionale ogni due anni ha come obiettivo di formare con questo approccio coloro che hanno già portato a termine la propria specializzazione e sono iscritti nella lista degli psicoterapeuti. Ad oggi sono le uniche organizzazioni mondiali che certificano ufficialmente chi è idoneo ed abilitato ad usare questa tecnica nella propria attività clinica.
Malan, D. & Coughlin Della Selva, -P., (2006). Introduction to the theory and technique of Davanloo's ISTDP. In Lives transformed: A revolutionary method of dynamic psychotherapy (pp.10-33). London: Karnac.
Malan, D. (1979), Individual psychotherapy and the science of psychodynamics. London:
Butterworths.
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